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Siamo sempre stati abituati a valutare un professionista dalle competenze tecniche, che derivano da esperienze lavorative, ma soprattutto dal conseguimento di Diplomi, Lauree, Master, Specializzazioni: tutti traguardi importantissimi, per non dire necessari in determinati settori, ma che oggi a quanto pare non bastano più.
Abbiamo parlato nel recente commento di quanto sia essenziale la Relazione, oltre ai numeri e ai risultati, e la relazione è fatta di ascolto, condivisione ed empatia, che non sono altro che alcune delle competenze soft che completano e danno valore alla persona e quindi al lavoratore.
Avendole definite Soft, sembra quasi che di per sé siano poco importanti, che siano competenze “morbide” e non adatte alla competizione professionale, non necessarie per chi insegue il successo. In realtà non è così, non lo è soprattutto negli ultimi anni, dove lo scenario economico è cambiato e dove, sia lato manageriale, che lato formazione e gestione risorse Umane, le qualità umane delle persone fanno la differenza.
Nell’articolo di Riccarda Zezza, che oggi ispira il nostro commento, viene posta l’attenzione su cosa siano le soft skill e quanto davvero siano diventate essenziali.
Riccarda fa riferimento ad una recente ricerca fatta da IBM dove le soft skill risultano essere le competenze che tutti i CEO cercano nelle persone. Si tratta di capacità che riguardano il saper stare con gli altri, saper collaborare, essere creativi, saper affrontare le difficoltà, essere gentili.
La gentilezza, una qualità meravigliosa, di solito la riserviamo alle mamme, ai papà, ai nonni - alla maestra gentile, alla vicina di casa gentile. Invece oggi la gentilezza è una competenza necessaria per essere davvero un professionista completo, anche quando parliamo di manager.
Le nuove professioni che in questi anni si sono delineate sono sempre di più professioni “a intensa capacità umana”,
una bellissima ed efficace definizione che troviamo nell’articolo di Riccarda.
Eppure, nelle scuole e nelle università, queste competenze non vengono formate, non rientrano in specifiche materie. I canali di formazione tradizionali puntano su altro.
Quindi come facciamo a formare queste competenze?
Semplicemente vanno allenate, verificate nel quotidiano, con le esperienze.
Sì, perché sono le esperienze, le condivisioni, le collaborazioni che permettono quello scambio positivo e stimolante che fa leva soprattutto sulle soft skill.
In Agrobresciano puntiamo da sempre sulla relazione e sulla condivisione, cerchiamo di far sì che si creino le opportunità per vivere esperienze e crescere insieme, attraverso le diverse iniziative sociali che negli anni sosteniamo e realizziamo.
Leggi l'articolo completo nella rubrica Alley Oop de Il Sole 24ORE
scritto da Riccarda Zezza